26Feb

Budget di Carbonio

Budget di Carbonio

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Quasi 200 protagonisti, un budget limitato, un obiettivo comune. Affrontare i cambiamenti climatici non è una partita facile. Carbon Budget: è questa la giusta definizione con cui la scienza può informare le decisioni pubbliche affinché maturino le scelte giuste per ridurre le emissioni di gas che contribuiscono ai cambiamenti climatici?

C’è un obiettivo comune: è quello di limitare il riscaldamento globale “ben al di sotto di 2°C” e, preferibilmente, a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, come stabilito dalle 196 parti che adottarono nel 2015 l’Accordo di Parigi e come riaffermato nel Patto per il clima di Glasgow nel 2021.

Affinché ciò sia possibile, le emissioni di gas serra prodotte dalle attività umane devono essere contenute al di sotto di una determinata soglia, limitando così l’esposizione dei sistemi naturali e umani ai rischi legati ai cambiamenti climatici. Tuttavia, come dichiarato nell’articolo 3 del Patto per il clima di Glasgow, “il budget di carbonio coerente con l’obiettivo di contenimento della temperatura definito nell’Accordo di Parigi è ormai ridotto e si sta rapidamente esaurendo”: l’obiettivo è impegnativo, e il superamento della soglia definita è proprio dietro l’angolo.

Cos’è il carbon budget

Con il crescere delle emissioni di gas serra globali, il riscaldamento del pianeta aumenta. 

Secondo l’ultimo rapporto del Working Group I dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), pubblicato nel 2021, la temperatura media della superficie globale è già cresciuta di 1,1 °C rispetto all’era preindustriale. Per evitare un riscaldamento che ecceda i limiti definiti dagli scienziati e le conseguenze che questo provocherebbe, è necessario rallentare rapidamente le emissioni globali per raggiungere il prima possibile l’azzeramento delle emissioni nette (net zero). Quanto rapidamente dipende dalle scelte di oggi, dagli obiettivi fissati dai responsabili politici, che si basano a loro volta sulle evidenze scientifiche che emergono dai rapporti più recenti dell’IPCC.

Il carbon budget indica la quantità cumulativa di anidride carbonica (CO2) che può ancora essere immessa in atmosfera se si intende mantenere il riscaldamento globale al di sotto di limiti specifici. Il budget di carbonio mette in relazione le emissioni cumulative di CO2 – il principale gas serra emesso attraverso le attività umane – con l’aumento della temperatura media globale. Riducendo le emissioni annuali globali di CO2 a zero, le emissioni totali che si possono rilasciare in atmosfera si mantengono entro un budget.

Il concetto di carbon budget è chiaramente definito dall’IPCC, che fa una distinzione tra carbon budget totale – ovvero la quantità di carbonio a disposizione dell’umanità, a partire dal periodo preindustriale – e il budget di carbonio rimanente – ovvero la quantità di carbonio che, ad oggi, rimane da emettere in atmosfera per non superare i limiti definiti dagli accordi internazionali.

Il termine ‘carbon budget’ si riferisce all’ammontare massimo di emissioni globali cumulative nette di CO2 di origine antropogenica che risulterebbe nel limitare il riscaldamento globale a un dato livello con una data probabilità, tenendo conto dell’effetto di altre forzanti climatiche antropiche. Si parla di carbon budget totale se lo si intende a partire dal periodo preindustriale, e di budget di carbonio rimanente quando lo si intende a partire da una specifica data recente. Le emissioni storiche cumulative di CO2 determinano in larga misura il riscaldamento fino ad oggi, mentre le emissioni future saranno la causa di un ulteriore riscaldamento futuro. Il budget di carbonio rimanente indica quanta CO2 può ancora essere emessa per mantenere il riscaldamento al di sotto di uno specifico livello di temperatura.

 

IPCC AR6 – WGI – SUMMARY FOR POLICY MAKERS (2021), p. 28

“Il carbon budget è un utile strumento politico che permette ai decisori e ad altri attori di visualizzare le emissioni cumulative di CO2 rimanenti per un periodo specifico, al fine di essere in linea con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi”, afferma Laurent Drouet, scienziato del RFF-CMCC – European Institute on Economics and the Environment (EIEE). “Si tratta di una definizione che offre un approccio efficace e utile al mondo della politica attraverso la semplificazione perché considera solo la CO2 totale. La CO2 non è l’unico gas a effetto serra, ma sappiamo come ridurre le emissioni di CO2. Inoltre, i calcoli sul carbon budget sono affidabili: si tratta di uno strumento su cui esiste un ampio consenso scientifico“.

Tic-tac. Il tempo stringe

“Il concetto di carbon budget si basa su una relazione quasi lineare tra le emissioni cumulative e l’aumento della temperatura”, spiega Brigitte Knopf, segretario generale del Mercator Research Institute on Global Commons and Climate Change (MCC). Per rappresentare efficacemente il concetto di carbon budget, l’istituto di ricerca berlinese ha realizzato il “carbon clock”: un timer per il conto alla rovescia di quanta CO2 può ancora essere rilasciata nell’atmosfera se si intende limitare il riscaldamento globale a un massimo di 1,5°C o 2°C e quanto tempo rimane in ognuno dei due scenari.

L’IPCC fornisce una panoramica completa delle stime di carbon budget rimanente per diversi limiti di temperatura, i cosiddetti Global Warming Levels (1,5°C, 1,7°C, 2°C di riscaldamento rispetto al periodo 1850-1900) e diversi livelli di probabilità (17% ,33%, 50%, 67%, 83% di probabilità di limitare il riscaldamento globale entro il limite di temperatura considerato). A seconda delle scelte fatte in termini di limite di temperatura e di probabilità di rispettarlo, il budget di carbonio rimanente varierà da un minimo di 83 GtCO2 (gigatonnellate di CO2) – per una probabilità dell’83% di mantenere il riscaldamento entro 1,5°C –  a un massimo di 2.300 GtCO2  – per una probabilità del 17% di mantenere il riscaldamento entro i 2°C.

Sulla base di questi dati, l’orologio del MCC mostra che per avere due terzi di probabilità di riuscire a limitare il riscaldamento a 1,5°C, il mondo potrebbe emettere solo circa 400 GtCO2 a partire dall’inizio del 2020. Mantenere gli attuali livelli di emissioni, secondo quanto si evince  dallo strumento dell’istituto tedesco, significherebbe consumare tutto il nostro budget in meno di otto anni a partire da oggi. Il budget che permetterebbe di avere una probabilità di due terzi di limitare il riscaldamento globale a 2°C si esaurirebbe invece in circa 25 anni.

“L’orologio continua a ticchettare e mostra quanto poco tempo sia rimasto ai decisori politici per agire”, specifica Knopf. “Tuttavia, questo non significa che la terra sarà necessariamente più calda di 1,5°C nel momento esatto in cui si esaurirà il budget di carbonio rimanente per contenere l’aumento della temperatura entro 1,5°C. Questo è dovuto, tra l’altro, al fatto che c’è uno sfasamento temporale tra il raggiungimento di determinate concentrazioni di emissioni nell’atmosfera e il loro impatto sulla temperatura”.

La Carbon Tracker Initiative ha creato un utile video che visualizza come il carbon budget cambierà in funzione di diversi orizzonti temporali, diversi settori di emissione (trasporti, energia, agricoltura, etc.), e diversi gas serra considerati (CO2, metano, ossido di azoto, etc.), e mostra come tali calcoli potrebbero essere utilizzati dalla sfera politica per assegnare una quota di emissioni ad ogni combustibile fossile.

E se si supera il carbon budget?

Le emissioni dovranno essere azzerate prima che il budget sia finito, il che è una sfida enorme per le nostre società ed economie.

Sia nel gioco che nella vita reale, quando il budget è in esaurimento si può di solito chiedere un prestito. Nel caso di un esaurimento del budget di carbonio, per tenere la partita aperta, entra in gioco  l’approccio “net zero“.

Il Patto per il clima di Glasgow riconosce che limitare il riscaldamento globale a 1,5°C richiede di azzerare le emissioni nette di CO2 intorno alla metà del secolo. Net zero significa che le emissioni antropiche immesse nell’atmosfera devono essere bilanciate dalla rimozione della stessa quantità di CO2 a livello globale, rendendo le emissioni nette pari a zero e raggiungendo una neutralità carbonica. Pertanto, le emissioni globali potrebbero non essere azzerate entro il 2050, se si utilizzano le tecnologie di rimozione dell’anidride carbonica per estendere il carbon budget, compensando le emissioni in eccesso. Questo permette un po’ di flessibilità in caso di superamento del carbon budget rimanente. Tali soluzioni includono processi naturali come l’afforestazione e la riforestazione, che aumentano la capacità di assorbimento del carbonio, e soluzioni tecnologiche come la Direct Air Carbon Capture and Storage (DACCS) o la BioEnergy with Carbon Capture and Storage (BECCS). Tuttavia, queste tecnologie hanno diversi livelli di sviluppo – alcune di esse sono ancora in fase dimostrativa – e c’è incertezza sulla loro disponibilità e sui loro costi.

Swiss Re, based on a graph published by the IPCC

Anche se gli impegni attuali stabiliti dalle parti dell’Accordo di Parigi fossero pienamente raggiunti, secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, questi non sarebbero sufficienti per evitare l’esaurimento del budget di carbonio in grado di limitare l’aumento della temperatura a 1,5°C. Se la temperatura globale superasse temporaneamente 1,5°C, spiega l’IPCC, la quantità di CO2 estratta dall’atmosfera grazie alle tecnologie di rimozione del carbonio dovrebbe essere maggiore della quantità di emissioni immesse nell’atmosfera, dando luogo a “emissioni nette negative”. Questo ridurrebbe la concentrazione atmosferica di CO2 e contribuirebbe ad abbassare le temperature globali. Tuttavia, un forte affidamento sulla soluzione offerta dalle emissioni negative risulta problematico alla luce dell’elevata incertezza riguardo alla possibilità di applicare tali tecnologie su larga scala.

Dagli obiettivi all'azione

I calcoli del carbon budget evidenziano con chiarezza l’urgenza dell’azione e la portata degli sforzi necessari per raggiungere gli obiettivi di Parigi. Tuttavia, l’obiettivo generale deve necessariamente essere tradotto in pratica a vari livelli per diventare operativo. Com’è possibile farlo nel mondo reale, dal settore pubblico a quello privato?

“Il carbon budget è uno strumento globale. Ma quando si parla di net zero si parla di politiche nazionali”, commenta Laurent Drouet. Nell’ambito dell’accordo di Parigi, ciascun paese autodetermina i propri obiettivi di riduzione delle emissioni attraverso l’approccio bottom-up dei contributi definiti a livello nazionale (Nationally Determined Contributions – NDC). Tradurre gli obiettivi globali in NDC coerenti è una delle grandi sfide del processo dei negoziati internazionali sul clima.

“Una sfida che implica questioni di equità e giustizia”, afferma Marinella Davide, ricercatrice della Fondazione CMCC e dell’Università Ca’Foscari Venezia ed esperta di politiche climatiche. “Ci sono due dimensioni importanti da considerare: la prima riguarda i tempi, la seconda i finanziamenti.

“Nel contesto dell’UNFCCC, ad alcuni paesi viene dato più tempo per arrivare ad azzerare le proprie emissioni nette. Non possiamo aspettarci che tutti i paesi raggiungano l’obiettivo net zero nello stesso orizzonte temporale perché la velocità della transizione verso economie a basse emissioni di carbonio dipende dalla capacità di un paese di affrontare la sfida climatica, la quale è strettamente legata al suo livello di sviluppo e di benessere. Inoltre, c’è una questione di responsabilità storica: i paesi che hanno consumato fino ad oggi la maggior parte del budget di carbonio globale, cioè i paesi sviluppati, sono invitati dall’Accordo di Parigi a ridurre le proprie emissioni a un ritmo più veloce e allo stesso tempo ad assumere un ruolo di guida”.

La seconda dimensione, continua Marinella Davide, riguarda finanziamenti e supporti. “Ai paesi sviluppati viene chiesto di aiutare i paesi in via di sviluppo ad accelerare la loro transizione verso economie a basse emissioni di carbonio sia attraverso il capacity building che attraverso aiuti finanziari. Inoltre, l’art. 6 dell’Accordo di Parigi identifica meccanismi di cooperazione per ridurre i costi complessivi di questa transizione e sostenere i paesi in via di sviluppo. La finanza, ma anche i trasferimenti di conoscenza e tecnologia, possono permettere ai paesi a basso reddito di fare un balzo nel loro sviluppo, bypassando le fasi “sporche” della crescita economica e saltando direttamente all’adozione di tecnologie più pulite per uno sviluppo economico a basse emissioni di carbonio”.

Il settore privato: Science Based Targets

“Il tentativo finora più autorevole di tradurre il concetto di carbon budget in obiettivi per le aziende è l’iniziativa Science Based Targets”, spiega Andrea Maggiani, Fondatore e Managing Director di Carbonsink

L’iniziativa Science Based Targets è una collaborazione tra il Carbon Disclosure Project (CDP), il World Resources Institute (WRI), il Worldwide Fund for Nature (WWF) e lo United Nations Global Compact (UNGC). Più di 1.200 aziende in tutto il mondo si sono impegnate fino ad oggi a ridurre le proprie impronte di carbonio attraverso tale iniziativa, punto di riferimento per definire il percorso di riduzione delle emissioni a livello aziendale.

“Gli obiettivi di riduzione delle emissioni science-based sono quelli allineati con ciò che la più recente scienza del clima dice essere necessario per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi” continua Maggiani. “In poche parole, il quadro dell’iniziativa Science Based Targets parte dal budget di carbonio disponibile e arriva alle traiettorie di riduzione delle emissioni richieste per i diversi settori secondo gli scenari climatici. Gli obiettivi a livello aziendale sono poi definiti a seconda dell’approccio di allocazione scelto, per lo più l’Absolute Contraction Approach, o il Sectoral Decarbonization Approach”.

L’Absolute Contraction Approach, si legge nella documentazione dell’Iniziativa, è l’approccio utilizzato dalla stragrande maggioranza delle aziende per fissare obiettivi di riduzione delle emissioni che siano allineati con il tasso di riduzione globale e annuale delle emissioni richiesto per soddisfare l’obiettivo di contenere la crescita della temperatura globale entro 1,5˚C o ben al di sotto di 2˚C. Il Sectoral Decarbonization Approach è un metodo alternativo che permette di ricavare metriche e obiettivi di intensità di carbonio da percorsi di mitigazione globali per alcune delle attività a più alta intensità di carbonio, come il trasporto stradale, l’aviazione, la generazione di elettricità o la produzione di materie prime. Questo approccio mira a fornire alle imprese un metodo specifico per ogni settore, supportato dalla ricerca, per fissare gli obiettivi di contenimento delle emissioni tenendo conto delle differenze settoriali e dei potenziali di abbattimento.

“C’è una spinta crescente per le aziende ad agire in materia di cambiamenti climatici e a fissare obiettivi ambiziosi, grazie anche alla pressione dei consumatori e degli investitori”, aggiunge Maggiani. “Poiché ci sono settori per i quali il quadro dell’iniziativa Science Based Targets è ancora in fase di sviluppo, è possibile che le aziende sviluppino autonomamente una metodologia per fissare i loro science-based targets, che saranno valutati da investitori e stakeholder caso per caso. Man mano che la scienza e i contesti si evolvono, l’iniziativa Science Based Targets rivede costantemente il quadro, con l’obiettivo primario di espandere la gamma dei settori coperti e renderlo più ampiamente applicabile. È un processo dinamico”.

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