20Set

Mercato del carbonio

Mercato del carbonio

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Dare un prezzo al carbonio significa innovazione, sviluppo tecnologico e profondi cambiamenti nel nostro sistema economico. Tuttavia, i costi di una transizione verso un sistema a basse emissioni di CO2 non saranno percepiti da tutti allo stesso modo. Lo scambio di emissioni nel mercato del carbonio ci permette di iniziare a ridurre le emissioni dove è più economico, lasciando spazio ai guadagni dei più virtuosi. In questo articolo esploriamo le origini e le evoluzioni di una politica flessibile ed economicamente vantaggiosa con quasi 20 anni di storia.

“Chi inquina paga” è un principio di diritto e politica ambientale internazionale ampiamente radicato in ambito giuridico: adottato dall’OCSE nel 1972, è uno dei principi chiave alla base delle politiche ambientali dell’Unione Europea. Si può spiegare così: i responsabili dell’inquinamento dovrebbero sostenere i costi che altrimenti gravano sulla società. Questo concetto, apparentemente semplice, ha serie ricadute su molteplici attività umane tra le quali l’innovazione tecnologica, e richiede un profondo cambiamento dell’attuale sistema economico. 

 

Applicare il principio “chi inquina paga” nel caso della CO2 – considerata una forma di inquinamento in quanto principale gas serra responsabile del cambiamento climatico – significa dare un prezzo al carbonio: un segnale economico che disincentiva i principali responsabili delle emissioni a bruciare combustibili fossili e li spinge invece a trovare soluzioni a basse emissioni per le loro attività. 

 

“Quando si affronta il problema del cambiamento climatico, in gran parte dovuto alle emissioni di anidride carbonica, l’unico approccio che può essere considerato efficace dal punto di vista ambientale ed efficiente dal punto di vista economico è quello di dare un prezzo alle emissioni di CO2”, afferma Robert N. Stavins, professore A.J. Meyer in Energia, Economia e Sviluppo presso la John F. Kennedy School of Government all’Università di Harvard.

 

Il prezzo del carbonio è legato alle esternalità all’origine delle emissioni di gas serra, e può essere stabilito attraverso due principali strumenti politici. Il primo è la carbon tax, un meccanismo che stabilisce un prezzo predefinito del carbonio per poi applicarlo alle unità di gas serra emesse e viene solitamente espresso come valore per tonnellata di anidride carbonica equivalente (CO2-eq). Il secondo strumento è il trading di emissioni, noto anche come mercato del carbonio, in cui viene assegnato un numero specifico di quote di emissione – ognuna delle quali dà solitamente il diritto ad emettere una tonnellata di CO2-eq – che possono essere scambiate tra i vari soggetti che producono CO2. In questo caso, il mercato stabilisce implicitamente un prezzo variabile alle emissioni.

Cos'è il mercato del carbonio?

L’obiettivo dello scambio di quote di emissione sul mercato è quello di tagliare i costi complessivi associati alla riduzione delle emissioni di gas serra. Ciò è possibile grazie alla creazione di un sistema di commercio, il quale di solito assume la forma di un sistema di scambio di quote di emissioni (cap-and-trade) che limita la quantità totale di emissioni che possono essere rilasciate nell’atmosfera. Questo avviene fissando un “tetto” di emissioni, che viene abbassato nel tempo al fine di raggiungere gli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici stabiliti nell’Accordo di Parigi. Un numero definito di crediti di carbonio viene assegnato o venduto all’asta ai soggetti che emettono CO2, i quali possono poi scambiare tali quote all’interno del mercato.

 

I meccanismi del mercato del carbonio possono essere stabiliti a livello internazionale, nazionale o subnazionale, a seconda dell’estensione geografica delle emissioni. 

 

In un sistema di scambio di quote di emissioni, le entità regolamentate possono: 

 

  • ridurre le proprie emissioni, ad esempio investendo nell’innovazione e nelle tecnologie a basse emissioni di CO2 o rimuovendo i gas serra dall’atmosfera, e vendere sul mercato le quote in eccesso derivanti dall’investimento; 
  • acquistare quote sul mercato, se ciò è più conveniente della riduzione delle proprie emissioni. 

 

La loro scelta dipenderà dai costi relativi delle due opzioni: di conseguenza, le emissioni saranno ridotte maggiormente da coloro che hanno costi di abbattimento inferiori, dando così vita a una politica economicamente vantaggiosa. Le emissioni saranno infatti ridotte in base a come sia più conveniente trarne risparmio.

 

“La genialità dei sistemi cap-and-trade, quando realizzati correttamente, è che usano sia il bastone che la carota”, dice Vijay V. Vaitheeswaran, Global energy & climate innovation editor di The Economist. “Questo incentiva i paesi a ricercare la modernità, a diventare sempre più green: fornisce uno stimolo per l’innovazione”.

 

Prima di essere applicato alla riduzione della CO2, il sistema cap-and-trade è stato utilizzato con grande successo per la riduzione degli agenti inquinanti negli Stati Uniti negli anni Novanta, con il programma cap-and-trade per l’anidride solforosa (SO2).

Dalla teoria alla pratica

Un mercato globale del carbonio svolgerebbe un ruolo chiave per ridurre le emissioni di gas serra e raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi in modo economicamente efficace. A livello internazionale, lo scambio di quote di emissioni di CO2 è stato definito per la prima volta nell’articolo 17 del Protocollo di Kyoto nel 1997, secondo il quale i Paesi che hanno quote in eccesso possono venderle ad altri Paesi che sono in difetto, per raggiungere parte dei loro obiettivi di riduzione delle emissioni previsti dall’Accordo. 

 

Oltre al commercio internazionale delle emissioni, il Protocollo di Kyoto ha stabilito altri due meccanismi basati sul mercato: il meccanismo di sviluppo pulito (Clean Development Mechanism – CDM) e l’implementazione congiunta (Joint Implementation – JI). L’obiettivo di questi meccanismi di flessibilità era quello di abbattere le emissioni dove i costi erano più bassi e, allo stesso tempo, trasferire conoscenze e tecnologia ai Paesi in via di sviluppo.

 

Nell’era post-Kyoto, l’articolo 6 dell’Accordo di Parigi regola le modalità di cooperazione tra i Paesi – dal commercio bilaterale ai mercati internazionali del carbonio – per ampliare gli sforzi in termini di mitigazione e sostenere l’adattamento. Lo stesso articolo stabilisce anche un quadro di regole solide e comuni per la contabilizzazione.

 

“Le disposizioni incluse nell’articolo 6 dell’Accordo di Parigi si basano sull’esperienza dei meccanismi di Kyoto per creare strumenti più forti ed efficienti in grado di garantire la trasparenza e l’integrità ambientale nella cooperazione internazionale sul clima”, afferma Marinella Davide, borsista Marie Skłodowska-Curie all’Università Ca’ Foscari e ricercatrice affiliata al CMCC

 

“Negli ultimi anni sono stati avviati molti sistemi di scambio di emissioni, e la quantità di CO2-eq a cui è associato il prezzo del carbonio sta crescendo in maniera sostanziale. L’Accordo di Parigi offre ai Paesi un quadro di riferimento per unificare i sistemi e accedere a una gamma più ampia di opportunità di riduzione a costi inferiori”, prosegue la ricercatrice.

 

In attesa della realizzazione di un mercato globale del carbonio, in tutto il mondo si stanno sviluppando sistemi di scambio di emissioni nazionali o subnazionali. Il sistema di scambio di emissioni dell’Unione Europea (EU-ETS) è stato quello più esteso fino al 2021, quando la Cina ha lanciato il suo sistema nazionale. Altri sistemi nazionali o subnazionali già operativi o in fase di sviluppo includono quelli di Canada, Giappone, Nuova Zelanda, Corea del Sud, Svizzera e Stati Uniti.

Mappa del prezzo del carbonio. Fonte: State and Trends of Carbon Pricing 2021, World Bank

Il sistema di scambio di quote di emissione dell'UE

L’EU-ETS, istituito nel 2005 per raggiungere gli obiettivi di Kyoto, è il primo grande mercato del carbonio al mondo e include settori economici europei altamente inquinanti: dalla produzione di elettricità e riscaldamento, ai settori industriali ad alta intensità energetica (ad esempio petrolchimica e siderurgica), all’aviazione commerciale. Dalla sua nascita, il sistema ha contribuito a ridurre le emissioni coperte dall’EU-ETS di oltre il 40%, in maniera conveniente rispetto ai costi. Tutto ciò non senza incontrare ostacoli sul suo cammino, come il calo dei prezzi del carbonio dovuto a un’eccedenza di quote legata alla crisi economica che è stato affrontato con l’introduzione di una riserva stabilizzatrice del mercato nel 2019.

Una revisione completa dell’EU-ETS, pietra miliare della politica climatica europea, è nella sua fase finale di negoziazione come parte del più ampio pacchetto “Fit for 55”. La riforma, criticata per i suoi obiettivi considerati troppo poco ambiziosi, si estende anche alle emissioni prodotte dal settore marittimo, istituisce un sistema di scambio a sé stante per l’edilizia e il trasporto stradale e introduce nuove misure per correggere le potenziali derive negative osservate in questi anni di esperienza nel commercio di emissioni. Tra queste, la rilocalizzazione delle emissioni (carbon-leakage), cioè lo spostamento delle attività inquinanti verso Paesi con normative ambientali meno ambiziose, viene corretta nella nuova riforma da un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (CBAM)

 

“L’esperienza dell’Unione Europea ha svolto un ruolo cruciale nell’ampliare le conoscenze sul sistema di scambio delle emissioni e nel rinforzare la fiducia nei mercati del carbonio come uno strumento importante e flessibile di politica climatica per ottenere una riduzione delle emissioni a livello globale. Questo sistema ha aperto la strada a nuove iniziative attuabili a diversi livelli di governance”, spiega Marinella Davide. 

 

“I recenti sviluppi nazionali e internazionali hanno anche contribuito a creare mercati internazionali del carbonio più grandi e sofisticati, che probabilmente aumenteranno di complessità con la crescita del numero di partecipanti e della copertura geografica. Tuttavia, ciò consentirà anche maggiori opportunità in termini di investimenti globali, diffusione di tecnologie e soluzioni di riduzione delle emissioni”, conclude.

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