13Set

Consenso scientifico

Consenso scientifico

seeds-logo-full-white

Cosa rende una dichiarazione più affidabile di un'altra e come possiamo affermare che la scienza abbia raggiunto un consenso su qualsivoglia questione le venga posta? Sempre più spesso, i discorsi sul cambiamento climatico ruotano attorno all’esistenza o meno di un "consenso scientifico" che ci permetta di comprendere le questioni climatiche e plasmare le decisioni politiche presenti e future.

Il clima sta effettivamente cambiando? Gli esseri umani sono la causa di questi cambiamenti? Anche se le risposte a queste domande possono, a volte, essere opposte o contrastanti, esiste un consenso scientifico sul cambiamento climatico: una vasta quantità di studi pubblicati in riviste scientifiche a revisione paritaria (cioè sottoposti a revisione da altri esperti nello stesso settore – in inglese peer-reviewed) indica che le attività umane sono la causa principale della tendenza al riscaldamento globale osservata nell’ultimo secolo.

 

Se si discutesse di questi problemi a casa o in un bar con un gruppo di amici, si potrebbe partire da opinioni contrastanti e arrivare a un consenso sulle cause e sulle possibili linee d’azione da intraprendere. In questo caso, il consenso consisterebbe semplicemente nel far giungere ad un accordo generale persone con opinioni potenzialmente diverse.

 

Tuttavia, la parola consenso assume un significato diverso quando viene applicata al metodo scientifico e al lavoro degli scienziati. Quando si parla di consenso scientifico, si fa riferimento ad un punto di partenza su cui tutti all’interno della comunità scientifica sono d’accordo, e non necessariamente alla risposta finale ad una questione. Questa distinzione è importante perché implica che la ricerca futura non punterà a minare gli assunti di base del consenso, ma piuttosto a raffinarli e migliorarli.

Il consenso sul cambiamento climatico e sulle sue cause antropiche esiste. Molteplici studi pubblicati in riviste scientifiche a revisione paritaria mostrano che le attività umane sono la causa principale della tendenza al riscaldamento del clima osservata nell’ultimo secolo. Fonte: NASA

Un esempio classico è la teoria dell’evoluzione. Una volta riconosciuta con un consenso scientifico, i ricercatori sono stati in grado di espanderla e perfezionarla, portando alla scoperta della genetica che ha a sua volta permesso di scoprire il DNA, e così via. In questo caso, la ricerca non si è concentrata sui tentativi di minare il concetto di evoluzione, ma ha piuttosto continuato a costruire sulle sue basi.

 

Se vogliamo ampliare la nostra comprensione del mondo, dobbiamo costruire su ciò che è già stato stabilito. Il consenso scientifico è esattamente questo: tutto ciò che sappiamo già, e quindi i mattoncini per costruire le conoscenze future.

 

Ma come si raggiunge un consenso scientifico? Cosa comporta, e come possiamo lasciare spazio all’incertezza e garantire che i dati non siano manipolati e usati per raggiungere obiettivi predeterminati?

Cos’è il consenso scientifico?

In termini generali, il consenso scientifico è ciò che una vasta maggioranza di scienziati o esperti stabilisce essere vero su una data questione, una volta analizzate tutte le prove attualmente disponibili: prevalentemente articoli scientifici, a loro volta rivisti da una serie di altri esperti che ne esaminano i processi sperimentali, i risultati e i limiti (processo di peer-review).

 

Solo dopo che un documento scientifico passa attraverso questo processo, può essere pubblicato su una rivista scientifica a revisione paritaria, basata cioè sul lavoro di altri esperti e sui documenti che lo hanno preceduto.

 

Questo processo assicura che il consenso scientifico su una questione non sia semplicemente una regola maggioritaria, ma piuttosto una sintesi delle conclusioni raggiunte da un gran numero di scienziati di diversa provenienza e con competenze quanto più possibile diversificate.

 

Il consenso scientifico non deve considerarsi come un punto fermo immutabile ma piuttosto come una questione aperta ad aggiornamenti, cambiamenti e correzioni – ma i cui principi fondanti sono estremamente solidi – tanto che per modificarli sarebbe necessario un cambiamento di paradigma.

Cambiamenti climatici

Per quanto riguarda il dibattito sul cambiamento climatico, il concetto di consenso scientifico è sempre più al centro dell’attenzione. Negli ultimi due decenni si è cercato un consenso sia sulla definizione degli elementi costitutivi del cambiamento climatico per meglio comprenderlo e affrontarlo, sia sulla natura delle prove scientifiche con cui spiegare e affrontare la questione.

 

Il dottor Sandro Fuzzi, che ha partecipato a numerosi rapporti dell’IPCC (il Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite) ed è attualmente direttore di ricerca presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche | CNR – Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima ISAC di Bologna, spiega durante il podcast di Voci della Scienza: “Da un punto di vista scientifico è innegabile che le attività umane causano cambiamenti climatici che rendono gli eventi estremi sempre più frequenti e gravi”.

 

“L’altro aspetto importante è che il cambiamento climatico sta già interessando ogni parte della Terra, e non è più un problema di singoli paesi o aree geografiche. Questi impatti aumenteranno se aumenterà anche il riscaldamento globale, e vi è consenso sul fatto che l’obiettivo di limitare il riscaldamento globale a 1,5 °C – limite precauzionale entro il quale si crede la comunità globale potrà adattarsi – sarà fuori portata in assenza di tagli immediati e su larga scala alle emissioni di gas serra. Abbiamo quindi bisogno di un’azione immediata”, continua Fuzzi.

 

Il consenso scientifico sul cambiamento climatico ci dice che il riscaldamento globale esiste, è antropogenico e può essere affrontato solo se agiamo ora e su scala globale. Ma qual è la portata di questo consenso e come è stato raggiunto?

 

Il consenso sul clima si riferisce all’accordo tra gli esperti del cambiamento climatico, cioè fra coloro che hanno pubblicato almeno uno o più articoli in riviste scientifiche a revisione paritaria. Questo aspetto è importante perché significa che il loro lavoro è stato letto, revisionato e approvato da altri esperti del settore.

 

Numerosi studi pubblicati tra il 2004 e il 2015 sottolineano il fatto che il 97% degli esperti in materia di cambiamento climatico è d’accordo sulla sua esistenza e sulle sue origini antropogeniche.

 

Fra gli studi più influenti troviamo quello pubblicato da Naomi Oreskes su Science nel 2004, che stabilisce che la maggior parte delle ricerche scientifiche concordano con l’affermazione dell’IPCC che “le attività umane […] stanno modificando la concentrazione dei costituenti atmosferici […] che assorbono o disperdono l’energia radiante […] La maggior parte del riscaldamento osservato negli ultimi 50 anni è probabilmente dovuta all’aumento delle concentrazioni di gas serra”.

 

Allo stesso modo, un articolo di John Cook pubblicato sulla rivista a revisione paritaria Environmental Research nel 2013, quantifica il consenso scientifico sul cambiamento climatico esaminando tutti gli articoli peer-reviewed sul tema e contando quanti fanno riferimento alle sue cause antropogeniche, e conclude che: “Tra gli abstract che esprimono una posizione sulle origini antropogeniche del cambiamento climatico, il 97,1%  sostiene l’affermazione che gli esseri umani stanno causando il riscaldamento globale”.

Percentuale di articoli che sostengono il consenso tra i soli articoli che esprimono una posizione che approva o rifiuta il consenso. Fonte: John Cook et al 2013 Environ. Res. Lett. 8 024024

Altri studi hanno utilizzato altre tecniche come i questionari tra esperti, con risultati che hanno sempre raggiunto tra il 90 e il 100% di consenso sulla natura antropogenica del cambiamento climatico.

 

Inoltre, l’IPCC, organismo delle Nazioni Unite creato per fornire ai decisori politici valutazioni scientifiche periodiche sul cambiamento climatico, offre una sintesi delle conoscenze scientifiche esistenti favorendo quindi il crearsi di un consenso scientifico.

 

L’IPCC seleziona alcuni esperti dalla lista di autori principali dei propri report, che sono circa 150-200 per gruppo di lavoro (e vi sono tre gruppi di lavoro). Questi autori analizzano tutta la letteratura esistente sull’argomento a loro assegnato, poi rendono accessibile la loro analisi per due giri di consultazioni pubbliche, e infine creano un rapporto finale. Questo testo viene poi presentato ai governi e ai decisori politici evidenziando anche i cambiamenti che sono stati effettuati a seguito delle revisioni.

 

“Ad esempio, l’ultimo rapporto del gruppo di lavoro 1 dell’IPCC ha ricevuto 78.000 commenti di revisori esterni, a ognuno dei quali gli autori principali hanno fornito una risposta, ed ora è tutto pubblico”, spiega Fuzzi. Questo processo si svolge nell’arco di tre anni e si può dire con certezza che il risultato esprime il consenso scientifico sul cambiamento climatico.

Il valore dell'incertezza

“Il consenso scientifico potrebbe, naturalmente, essere sbagliato. Se la storia della scienza insegna qualcosa è l’umiltà, e nessuno può essere biasimato per non aver agito rispetto a qualcosa che non conosceva. Ma i nostri nipoti ci biasimeranno sicuramente se scopriranno che abbiamo compreso la natura antropogenica del cambiamento climatico e non siamo riusciti a fare nulla a riguardo”, si legge nell’articolo del 2004 The Scientific Consensus on Climate Change, di Naomi Oreskes.

 

Lasciare spazio al dubbio, e quindi all’evoluzione del consenso, è di cruciale importanza. L’IPCC lo fa utilizzando una terminologia diversificata per stabilire il grado di certezza con cui viene rilasciata  qualsiasi affermazione sul clima. Se si stabilisce che qualcosa è tra il 99-100% di probabilità, viene definito come praticamente certo, se è tra il 90-100% è molto probabile, tra il 66-100% è probabile e così via, fino allo 0-1%, considerato eccezionalmente improbabile.

Una probabilità può essere applicata ad una variabile, al verificarsi o meno di un evento, o ad una gamma di risultati (ad esempio sulla base di osservazioni multiple, di un insieme di modelli o del giudizio di esperti). Fonte: IPCC

Questo aspetto è molto importante perché le decisioni politiche sulle questioni climatiche sono fortemente influenzate dal consenso della comunità scientifica. Secondo Antonio Navarra, Presidente del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC), e Focal Point dell’IPCC per l’Italia, “L’impatto del lavoro dell’IPCC è stato enorme perché ci ha permesso di avere una visione d’insieme sullo stato delle conoscenze sui cambiamenti climatici e sul loro impatto su vari settori, comprese le conseguenze sociali ed economiche […] Il lavoro dell’IPCC ha quindi informato i responsabili politici e stabilito la base di conoscenze sulla quale sono stati intrapresi i negoziati politici sulle questioni climatiche”.

 

Il consenso scientifico è quindi importante perché influenza le decisioni politiche. Se la comunità scientifica si presenta unita e compatta nell’offrire una sintesi di tutti i suoi studi, come un’unica voce, questo avrà certamente molto più peso dell’analisi di un qualsiasi singolo articolo scientifico o studio.

 

La scienza ha fatto la sua parte dimostrando che il cambiamento climatico è reale e causato dall’uomo. Anche se i politici hanno riconosciuto questo consenso, le azioni intraprese per affrontare questo problema non sono ancora abbastanza incisive. Il nuovo consenso scientifico è sul fatto che non si sta ancora facendo abbastanza.

 

“Determinare che il cambiamento climatico è antropogenico è un primo passo […] ma abbiamo bisogno di continuare a monitorare e studiare il clima”, conclude Navarra.

Leggi gli ultimi articoli Seeds