21Mar

Net zero (emissioni)

Net zero (emissioni)

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Il messaggio delle scienze del clima è chiaro: esiste un legame molto forte tra la quantità di gas serra prodotti dalle attività umane e il riscaldamento del pianeta, e affrontare i cambiamenti climatici vuol dire necessariamente ridurre la concentrazione di gas serra in atmosfera. Le nostre economie e i nostri stili di vita possono permettersi di azzerare le emissioni di gas serra? La risposta fa parte del dibattito che coinvolge innovazione tecnologica, ricerca scientifica e politiche economiche su queste tre parole: emissioni nette zero.

Per raggiungere l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura media globale entro 1,5°C, come definito nell’Accordo di Parigi, le emissioni globali di carbonio dovrebbero raggiungere intorno alla metà del secolo quello che gli esperti definiscono con l’espressione: lo zero netto. 

Il termine è al centro dei negoziati sul clima e fa sempre più parte del lessico quotidiano dei cambiamenti climatici. Se da un lato c’è chi sottolinea che “net zero” consiste nel ridurre le emissioni il più possibile, altri enfatizzano il suo legame con la rimozione dei gas nocivi dall’atmosfera, generando un acceso dibattito su quale aspetto debba essere prioritario e sulle possibili conseguenze di riporre eccessiva fiducia nella rimozione del carbonio dall’atmosfera. 

Ciò che è certo è che, sebbene alcuni settori dell’economia possano aspirare ad un corretto funzionamento senza emettere emissioni, altri – come l’agricoltura, l’edilizia o l’aviazione – continueranno inevitabilmente a emettere gas che alterano il clima.

Il concetto di “net zero” tiene conto di questo aspetto, riconoscendo la possibilità di poter ricorrere a strategie che consentano di raggiungere un numero di emissioni negativo – quindi di rimuovere la quantità di gas serra in eccesso dall’atmosfera – pur continuando a sottolineare la necessità di diminuire quanto più possibile le emissioni nette.

“Le emissioni negative rappresentano un aspetto cruciale dell’approccio net zero, perché alcune emissioni devono essere compensate. Tuttavia, la priorità numero uno deve rimanere l’abbassamento delle emissioni totali. Compensare qualsiasi eccesso che generiamo non può sostituire la riduzione delle emissioni, le due azioni devono andare di pari passo”, spiega la ricercatrice del CMCC Lucia Perugini.

Solo tra il 2008 e il 2018, le emissioni globali di anidride carbonica (CO2), il principale gas responsabile del riscaldamento globale, sono aumentate del 12% con un trend di aumento dei livelli di CO2 presenti nell’atmosfera di oltre il 60% dal 1992.

La quantità di anidride carbonica nell’atmosfera (linea viola) è aumentata assieme alle emissioni prodotte dalle attività umane (linea blu) dall’inizio della rivoluzione industriale nel 1750: NOAA Climate.gov, grafico adattato dall’originale del Dr. Howard Diamond (NOAA ARL). Dati sulla CO2 atmosferica da NOAA e ETHZ. Dati sulle emissioni di CO2 da Our World in Data e Global Carbon Project.

Ma come possiamo raggiungere lo zero netto di emissioni nei prossimi decenni se queste continuano a crescere senza sosta? I decisori politici stanno rivolgendo sempre di più la loro attenzione alle strategie di rimozione del carbonio dall’atmosfera. Un’attività, quest’ultima, che si può effettuare con varie modalità che possono essere suddivise in due gruppi: approcci relativi alla gestione e all’utilizzo del suolo (come il ripristino delle foreste e l’aumento dell’assorbimento di carbonio da parte del suolo) e approcci tecnologici (come la cattura e lo stoccaggio diretto nell’aria o la mineralizzazione).

Raggiungere il net-zero implica una riduzione delle emissioni nette riducendo la domanda di energia, de-carbonizzando il sistema energetico e rimuovendo l’anidride carbonica dall’atmosfera.

 

Laurent Drouet, RFF-CMCC European Institute on Economics and the Environment e CMCC

È essenziale sfruttare il potenziale di entrambi questi approcci per far sì che i politici di tutto il mondo mantengano gli impegni assunti sul net zero e gli obiettivi dell’Accordo di Parigi vengano rispettati.

Cos'è il net zero

In termini semplici, il net zero si riferisce all’equilibrio tra la quantità di gas serra prodotti dalle attività umane e la quantità rimossa dall’atmosfera. Il che significa bilanciare le emissioni residue e considerate inevitabili con un assorbimento equivalente.

“Net-zero implica una riduzione delle emissioni nette riducendo la domanda di energia, de-carbonizzando il sistema energetico e rimuovendo l’anidride carbonica dall’atmosfera”, spiega Laurent Drouet, ricercatore senior del European Institute on Economics and the Environment e ricercatore affiliato presso il CMCC.

Gli impegni relativi al net zero sono divenuti cruciali all’interno dei negoziati sul clima. Secondo il Climate Watch Net Zero Tracker, una piattaforma online che raccoglie i dati sulle emissioni di gas serra di tutti i paesi del mondo, attualmente 48 parti all’Accordo di Parigi – che rappresentano 59 paesi e il 54% delle emissioni globali – hanno comunicato un obiettivo di net zero.

Gli obiettivi inclusi nella piattaforma sono quelli comunicati attraverso un contributo determinato a livello nazionale (Nationally Determined Contribution – NDC), una strategia di sviluppo a lungo termine (Long Term Strategy – LTS), una legge nazionale, una politica o un impegno preso da un esponente politico di alto livello come il Capo di Stato.Net zero possiede una serie di definizioni precise in ambito politico, come quelle delineate nel glossario dell’IPCC Special Report on Global Warming di 1,5º. Queste definizioni si propongono di spiegare esattamente quali tra i gas che alterano il clima dovrebbero essere inclusi nel concetto di net zero.

Net zero CO2 emissions

Net zero carbon dioxide (CO2) emissions are achieved when anthropogenic CO2 emissions are balanced globally by anthropogenic CO2 removals over a specified period. Net zero CO2 emissions are also referred to as carbon neutrality. See also Net zero emissions and Net negative emissions.

 

Definizione ufficiale dal Glossario IPCC

L’IPCC distingue tra emissioni nette zero di CO2 (conosciute anche come neutralità del carbonio e quindi riguardanti solo la CO2) ed emissioni nette zero, in cui la quantificazione delle emissioni include una vasta gamma di gas climalteranti e si basa su una metrica climatica scelta per confrontare l’impatto dei diversi gas (come il potenziale di riscaldamento globale e il potenziale di cambiamento della temperatura globale).

Zero di cosa?

Cosa esattamente si vuole portare a zero? “Net-zero è un’espressione di solito usata in riferimento alla CO2, che è il gas serra principale e ha un impatto diretto in termini di stabilizzazione della temperatura”, spiega Drouet. “Tuttavia, c’è anche l’obiettivo delle emissioni nette-zero, che è più complicato in quanto converte altri gas serra nell’equivalente in CO2.”.

Attualmente, le attività umane generano circa 50 milioni di tonnellate di gas serra all’anno che, oltre alla CO2, includono gas come il metano e il protossido d’azoto che vengono calcolati come CO2-equivalenti.

Questo grafico mostra l’aumento di temperatura in watt per metro quadro causato dai principali gas serra prodotti dall’uomo rispetto all’anno 1750. Secondo il NOAA’s Annual Greenhouse Gas Index (asse destro) l’impatto combinato del riscaldamento generato da tutti i principali gas serra è aumentato del 43% rispetto al 1990. Fonte: NOAA Climate.gov con i dati del NOAA ESRL.

Il termine “CO2-equivalente” è usato come misura perché non tutti i gas serra contribuiscono al riscaldamento globale allo stesso modo – ad esempio l’effetto serra del metano è molto più dannoso di quello della CO2 se si prende in considerazione una massa uguale dei due gas.

La misura di CO2-equivalente tiene conto dei diversi impatti dei vari gas serra dando a ciascuno un “peso” diverso. Più nello specifico, i gas possono essere quantificati secondo il loro Potenziale di Impatto sul Riscaldamento Globale rispetto alla CO2 considerato in un lasso di tempo di 100 anni.

Quando si parla di net zero è quindi importante specificare se ci si riferisce alla sola CO2 o a tutte le emissioni di gas serra, poiché il lasso di tempo per raggiungere lo zero netto di emissioni differirà significativamente a seconda della definizione.

“Per le emissioni non-CO2, il raggiungimento dello zero netto sarà più lento perché alcune di queste emissioni – come quelle di metano provenienti da attività agricole (ad esempio attraverso le deiezioni degli animali d’allevamento o la coltivazione delle risaie) – sono più difficili da eliminare gradualmente. Tuttavia, questi gas potenti ma con vita breve faranno salire le temperature nel futuro prossimo, spingendo potenzialmente il riscaldamento globale oltre la soglia di 1,5 gradi molto presto”, sottolinea la FAO – Food and Agriculture Organization delle Nazioni Unite.

Emissioni negative

Attualmente, l’Accordo di Parigi rappresenta lo strumento politico principale verso l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra per contrastare il riscaldamento globale. Tra i contributi determinati a livello nazionale (Nationally Determined Contributions – NDCs) presentati dai governi, troviamo strategie di riduzione delle emissioni complessive ma anche misure volte alla rimozione del carbonio in eccesso dall’atmosfera: questo sottolinea la presa di coscienza dei governi che per raggiungere gli obiettivi di net zero non basta ridurre (fino a eliminare) le emissioni presenti e future, ma bisogna anche rimuovere quelle che abbiamo immesso nell’atmosfera fino ad ora.

Questa visione si riflette in tutti i settori economici. Ad esempio, secondo un nuovo rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), Net Zero by 2050: A Roadmap for the Global Energy Sector, gli impegni presi dai governi fino ad oggi per azzerare le emissioni di CO2 legate alla produzione e ai consumi energetici su scala globale entro il 2050 si dimostrano ben al di sotto di quanto necessario per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. 

L’Agenzia Internazionale dell’Energia afferma inoltre che “Le tecnologie per ridurre le emissioni globali di CO2 tra oggi e il 2030 sono già disponibili; tuttavia, nel 2050 quasi la metà delle riduzioni che prevediamo di effettuare proverranno da tecnologie che sono attualmente solo in fase dimostrativa o prototipale”. Similmente, stando agli scienziati, per avere più del 50% di possibilità di limitare il riscaldamento globale sotto i 2°C dovremo utilizzare le tecnologie a emissioni negative (Negative Emissions Technologies – NETs) – cioè volte ad eliminare i gas serra dall’atmosfera –  su larga scala; tuttavia, come le tecnologie di riduzione delle emissioni, molte di esse sono ancora oggi in fase di sviluppo o addirittura non esistono.

Non sappiamo quindi con certezza se gli strumenti tecnologici sui quali stiamo facendo affidamento per raggiungere lo zero netto funzioneranno effettivamente come ci aspettiamo.

Natura e tecnologia

Quindi, quali soluzioni abbiamo a disposizione per ridurre le emissioni e rimuovere il carbonio in eccesso?

“L’unico gas a effetto serra che può essere assorbito in modo efficace è la CO2. Per farlo, vi sono due metodi principali: usare e stimolare la natura ad assorbire di più o migliorare e sviluppare la tecnologia in grado di farlo al posto suo”, spiega Maria Vincenza Chiriacò, ricercatrice del CMCC.

“Le soluzioni basate sull’uso e la gestione del suolo sono particolarmente attraenti per il loro potenziale di ridurre le emissioni, favorire la rimozione del carbonio dall’atmosfera e allo stesso tempo produrre anche molteplici benefici climatici e ambientali.” Queste soluzioni (che possono includere l’oceano, anche se è più difficile influenzare il livello di assorbimento del mare) mirano ad agire direttamente sugli ecosistemi aumentandone il potenziale di assorbimento di carbonio. Inoltre, “se si considera che il 24% delle emissioni climalteranti proviene dal settore agro-forestale – cifra che arriva al 37% se si include l’intera filiera della produzione alimentare – è chiaro che una delle soluzioni chiave per raggiungere lo zero netto deve coinvolgere l’uso del suolo”, afferma Lucia Perugini.

Le soluzioni basate sull’uso e la gestione del suolo rappresentano un’opportunità unica per implementare strategie in grado di portare benefici climatici e ambientali su vasta scala

 

Lucia Perugini, CMCC

Le soluzioni basate sulla gestione del suolo includono opzioni di mitigazione come limitare la deforestazione (che da sola contribuisce a circa l’11% delle emissioni totali), aumentare la produttività delle colture, ma anche il cambiamento dei nostri comportamenti, ad esempio riducendo quelli a maggiore impatto, come il consumo di carne rossa. “In questo modo le modalità di gestione e utilizzo del suolo non solo ci aiutano a ridurre le emissioni complessive, ma ci permettono anche di continuare a rimuovere il carbonio in eccesso”, continua Perugini.

“Possiamo immaginare il suolo come una sorta di mosaico di emissioni e di trattenimento delle stesse”, sottolinea Chiriacò. “Solo a titolo di esempio, la nostra ricerca sulla gestione sostenibile del suolo mostra come un approccio multi-attoriale all’utilizzo del suolo possa garantire la neutralità carbonica della produzione zootecnica di realtà specifiche, nel nostro caso si prende in esame il distretto della provincia di Viterbo.”

L’Unione Europea sta attualmente investendo in soluzioni che si ispirano a processi naturali (le cosiddette nature-based solutions) per i loro molteplici benefici, con politiche che fanno parte delle strategie di adattamento e di protezione della biodiversità per far fronte all’emergenza climatica.

Questi approcci rivolti alla gestione del suolo presentano comunque delle criticità che non li rendono sufficienti per il raggiungimento degli obiettivi di contenimento del riscaldamento globale. La pianificazione di emissioni net zero prevista dall’Unione Europea, ad esempio, richiede che entro il 2050 le foreste europee raddoppino la loro capacità di assorbimento della CO2. Ma in verità, le foreste europee stanno invecchiando e la loro efficacia nell’assorbimento di anidride carbonica si sta riducendo.

Lo sviluppo tecnologico

La maggior parte degli scienziati ritiene che per rimuovere il carbonio dall’atmosfera dovremo affidarci sempre più a Tecnologie a Emissioni Negative (Negative Emissions Technologies – NETs), come l’estrazione di bioenergia dalla biomassa con cattura e stoccaggio del carbonio (Bio-Energy with Carbon Capture and Storage – BECCS) e la cattura e lo stoccaggio diretto del carbonio nell’aria tramite processi chimici che separano quest’ultimo dalle altre particelle (Direct Air Carbon Capture and Storage – DACCS).

Dal 2005 circa, gli scienziati del clima includono queste strategie in maniera sempre più ampia nei loro scenari di emissioni con previsione di riscaldamento globale inferiore a 2°C. Tuttavia, tutte queste soluzioni si basano su una tecnologia di cattura e stoccaggio del carbonio che non è ancora matura e che avrebbe bisogno di essere perfezionata e ampliata in modo significativo.

“Il processo di estrazione di bioenergia dalla biomassa e successivo stoccaggio del carbonio (BECCS) richiede l’utilizzo di una quantità molto maggiore di suolo e di acqua rispetto alla tecnologia che prefigura l’utilizzo di processi chimici (DACCS), rendendo quest’ultima opzione più invitante. Tuttavia, la tecnologia di cattura e stoccaggio dei gas serra su cui si basano entrambi i metodi non è ancora matura e avrebbe bisogno di essere testata su larga scala”, spiega Drouet.

Si rende inoltre necessario esplorare più a fondo i potenziali risvolti economici derivanti dall’utilizzo dei processi chimici per catturare e separare la CO2 dall’atmosfera (metodo DACCS): infatti, questo processo non fornirebbe alcun servizio a seguito della raccolta del carbonio, rimuovendolo semplicemente dall’atmosfera. Il metodo di estrazione della bioenergia dalla biomassa (BECCS), invece, sarebbe in grado di produrre elettricità e un servizio di ingegneria climatica nel processo di stoccaggio, favorendo quindi il ri-utilizzo del carbonio catturato. “Una delle alternative in gioco – conclude Drouet – riguarda la possibilità di sviluppare ulteriormente il metodo di cattura diretta (DACCS) rendendo possibile riciclare il carbonio raccolto e chiuderne così il ciclo vitale. Ma anche questo scenario si basa su una significativa diminuzione della domanda di energia”.

Il vaso di Pandora

“Dobbiamo guardare alle politiche di net zero con una prospettiva più ampia del solo beneficio climatico: la questione delle emissioni è un problema di sopravvivenza delle persone, della biodiversità e delle risorse che utilizziamo”, afferma Chiriacò. “Ed è anche una questione etica: stiamo investendo in soluzioni tecnologiche per rimuovere dall’atmosfera i gas che alterano il clima, ma dobbiamo stare attenti che questo non si traduca in un lasciapassare per continuare su percorsi insostenibili”. 

L’importanza di mettere in campo soluzioni basate sull’uso del suolo e sulla tecnologia per ridurre l’eccesso di emissioni di gas serra nell’atmosfera è quindi fuor di dubbio; dobbiamo però stare attenti a non restare intrappolati nella falsa credenza che il progresso tecnologico ci salverà, continuando ad impostare le nostre economie e i nostri stili di vita su percorsi insostenibili legati all’uso di combustibili fossili e al danneggiamento degli ecosistemi.

“Siamo in un momento critico in cui non possiamo permetterci il lusso di fare errori”, conclude Perugini.

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